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MODENA: UN COMUNE CLOROFORMIZZATO

Molto osservatori definiscono la situazione politica ed amministrativa modenese

come “cloroformalizzata” a causa di una gestione egemone del Pd del potere locale

che ha svuotato di valori la 'sinistra' storica modenese, quella ininterrottamente al

governo dalla città da settantanni a questa parte.

Un periodo oggettivamente troppo

lungo per garantire una corretta gestione democratica e pluralista della pubblica

amministrazione. Un periodo di sole giunte comunali del vecchio Pci e ora del Pd

che ha perso smalto, idee, programmi, ispirazione, valori, col risultato di avere

creato una realtà ingessata, ferma, senza stimoli innovativi e programmatici, spesso

avulsa dalla grande espansione economica e produttiva dovuta ad una coraggiosa classe imprenditoriale privata proiettata al futuro, che ha posto Modena e la sua provincia alla ribalta internazionale grazie alle sue produzioni di eccellenza in diversi settori economici. Una citta e un territorio insomma che prima il Pci poi i post comunisti hanno cercato di condizionare e controllare attraverso un sapiente capillare sistema di potere ben conosciuto dai modenesi, un sistema avvitato su se stesso, autoreferenziale, che ha cercato sempre e in tutti i modi di avvalersi di questa vetrina internazionale creata da altri per fini di parte, per valorizzare artificiosamente l'immagine di partito, bloccando un salutare ricambio di uomini di diverso orientamento politico e garantire così una alternanza di partiti al governo della città. Sbarrando insomma la strada a intelligenze, idee e programmi nuovi, diversi e alternativi a quelli proposti dal sistema-partito che si è voluto instaurare e sedimentare.


Una tesi questa basata sulla realtà dei fatti perché è sufficiente tenere conto di una serie di occasioni perse, di illusioni, di promesse non mantenute, per rendersene conto.

A cominciare dalla perdita dell'investimento di grande spessore della finanziaria

cino-americana che ha scelto Reggio piuttosto che Modena per la costruzione di un

avveniristico stabilimento per auto di lusso. Con tanti saluti alla tanto decantata Modena capitale della motor valley, refrain retorico della propaganda dem, con evidente imbarazzato silenzio da parte di Bonaccini e Muzzarelli. Chiara perdita di una opportunità economica questa, ma anche la riprova di uno scarso 'peso' politico di Modena in sede regionale, peraltro già notato in precedenti occasioni. Resta poi vivo nei modenesi il rincrescimento per avere perso anche la stazione dell'Alta velocità ferroviaria a vantaggio di Reggio, senza visibili resistenze dei nostri amministratori comunali di allora, pur in presenza di un ricco tessuto economico e produttivo del territorio. Cosi come si sono persi altri insediamenti produttivi i cui promotori hanno privilegiato altre province limitrofe alla nostra. Senza parlare poi della telenovela della Manifattura Tabacchi la cui ristrutturazione era stata inaugurata in pompa magna dal sindaco Muzzarelli con l'immancabile vasto accompagnamento mediatico e propagandistico. Una operazione costata decine di milioni che ha partorito nel frattempo il classico topolino con soli pochi appartamenti venduti mentre altri 70 sono ancora vuoti. Fortuna vuole che sia intervenuta la Cassa depositi e prestiti ad investire nella operazione 28 milioni a fronte però dei 60 milioni di passivo. Altro buco nell'acqua l'imponente progetto delle torri librarie ampiamente e pomposamente illustrato e annunciato più volte alla stampa dal sindaco Muzzarelli per il recupero dell'ex Sant'Agostino. Progetto bocciato prima dal Tar, che dette ragione alle osservazioni critiche di Italia Nostra, poi dalla Commissione edilizia regionale e infine dalla Sovrintendenza, redatto da Gae Aulenti, incaricato dal Comune, che prevedeva la costruzione di torri alte dieci metri oltre le altezze confinanti e in contrasto col Prg, che vincola invece il complesso ex ospedaliero ad un intervento conservativo dello stabile settecentesco. E il Comune ha dovuto fare retromarcia, rimangiarsi tutte le promesse e i progetti pomposamente annunciati. Ma intanto sono passati 15 anni e sono stati spesi nel frattempo e inutilmente tanti soldi pubblici.


Resta poi in tutta la sua gravità il tasto dolente di una città insicura, dove la criminalità è una emergenza sociale diffusa in tutti quartieri, dove c'è stata una pericolosa infiltrazione mafiosa come ha dovuto ammettere l'assessore Bosi, dove prostituzione e droga sono nelle mani di bande organizzate nigeriane, come ha sentenzionato il gip del Tribunale di Bologna Panza, con spacciatori scatenati non solo al Novi Sad, in stazione e in viale Crispi, dove l'emergenza furti è un'escalation e la delinquenza, all'ormai tristemente noto condominio Rnord della Sacca, una normalità, come hanno detto i residenti esasperati.

Ma la reazione dei cittadini di fronte ad un sostanziale immobilismo della giunta comunale vittima del proprio tentativo di minimizzazione del problema, non si ferma qui come dimostrato dai tanti Comitati di protesta sorti un po' ovunque in città: in via Morane per il passaggio a livello che crea disagi, blocco della circolazione e inquinamento atmosferico, alla Madonnina per la presenza di una fonderia cooperativa che crea fumo, odori, fuliggine a causa di anomalie negli impianti di aspirazione delle polveri, a tutto danno della salute dei residenti in particolare dei bambini, come ha ammesso anche Arpae, alla Sacca per il degrado nel quale si trova l'area dell'ex industria Pro Latte, al Mercato alimentare Albinelli per la grave situazione che si è creata per i clienti, i gestori delle attività commerciali e i rappresentanti e fornitori per la chiusura dell'ampio parcheggio dell'ex Amcm deciso dal Comune. Una decisione questa che ha portato alle dimissioni del presidente del Consorzio Prandini.

Ma la giunta comunale deve fare i conti anche coi malumori e la insoddisfazione del

personale interno come testimoniato dal rifiuto del personale dei centri comunali

estivi di lavorare anche nel mese di luglio.

Una situazione complessiva, insomma, che lo stesso Muzzarelli ha dovuto definire

“di grande tensione sociale”.

A cura di Cesare Pradella

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