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IL MURO DI DRAGHI CONTRO LA PATRIMONIALE DI LETTA

Aggiornamento: 9 giu 2021

Dietro alla proposta di Enrico Letta che vorrebbe una tassa sulle eredità (tassa di successione) che ovviamente non può che essere definita “patrimoniale”, ci stanno le truppe politiche e giornalistiche dei falchi di Bruxelles coordinate dal Commissario UE Gentiloni, il quale per poter contare più del due di coppe e almeno come il fante di spade, è allineato alle politiche rigide e di austerità convintamente condivise e quindi assolutamente sostenute anche da una parte dei dirigenti del PD, Letta in testa.



Ovviamente Mario Draghi , come ha dichiarato in modo esplicito in conferenza stampa giovedì 20 maggio, la vede in modo diametralmente opposto.


Quelle sue parole:

"questo non è il momento di prendere i soldi dai cittadini ma di darli….ora, la riforma del Fisco non si fa a pezzettini. L’importante ora è fare una legge delega sulla riforma fiscale e poi nominare una commissione che se ne dovrà occupare"

pronunciate di fronte alla Nazione con tono indifferente, ma proprio per questo inflessibile, rappresentano un umiliante muro di granito insormontabile che ha annientato la proposta Letta.


A seguito di ciò, inevitabilmente, nel giro di 48 ore è avvenuto un lungo colloquio telefonico tra il Premier e Letta, ufficialmente definito sereno da palazzo Chigi, ma che stando a fonti di stampa tanto sereno pare non sia stato.

Al premier non sarebbe andata proprio giù l’ipotesi del Segretario del PD sulla tassa di successione, per due motivi: in quanto ormai è stato da tempo reso noto il crono programma dell’esecutivo in merito alla riforma del Fisco e perché la sede opportuna e identificata dal Governo per lanciare proposte è solo la cabina di regia del piano nazionale di ripresa e resilienza.


Nell’enturage pidiessino , tuttavia, si sono affrettati a presentare la telefonata come prova dell’esistenza di una particolare sintonia tra il Premier e Letta.

Nel discorso pronunciato a suo tempo in parlamento per la fiducia , Draghi fu molto chiaro sulla sua idea di Riforma fiscale, che evidentemente non piace ai falchi di Bruxelles e quindi nemmeno a Letta. Draghi infatti ha lasciato intuire che il suo obiettivo è il riordino. Mentre nel PD molti dirigenti, non tutti per fortuna, continuano ad essere legati al meccanismo della continua stratificazione di norme, sistema che gli ha permesso, fino ad oggi, di raccogliere risorse per sovvenzionare il proprio variegato firmamento operativo costituito da movimenti, cooperative, associazioni ecc..


Ma Letta, dopo l’idea di promuovere una legge per concedere lo jus soli agli immigrati, il proposito di concedere il voto ai sedicenni, il sostegno volitivo del ddl Zan (con annesso tweet di gradimento a Fedez), con questa nuova sparata deve aver proprio superato il limite della sopportazione se uno proverbialmente tranquillo e gentile come Andrea Marcucci, ex capogruppo del PD che si è dimesso (trombato) ber far posto ad una rappresentante del gentil sesso (spero che si possa ancora dire..), si è deciso , tramite tweet, a dichiarare apertamente che “la proposta di Letta su tassa di successione è sbagliata nei tempi e nei modi”. Evidentemente “Enrico il Nipote” non ne becca una..

Questo episodio, come tanti altri più o meno rilevanti, è la conseguenza dello scontro che in realtà si sta combattendo nella UE tra due differenti idee di Europa e di sviluppo delle future politiche, che l’Italia nel suo piccolo rappresenta fedelmente.


Mario Draghi in questo scontro per il futuro della UE e della moneta € non è certo una pedina, ma ancora resta la componente di ruolo decisivo. Non a caso qualcuno ha fatto rilevare come il nostro Premier si rapporti direttamente in prima persona con i vertici europei e internazionali, senza rispettare le consuete prassi procedurali di richiesta e attesa o di incarichi commissariali. Di questo in particolare se ne sono accorti il Commissario UE agli affari economici Gentiloni e il Presidente al Parlamento Europeo David Sassoli (entrambi in quota PD) che, come viene osservato da varie parti, vengono costantemente ignorati da Draghi e che per parlare con lui devono chiederlo espressamente.


Una cosa è certa, l’esito del confronto in ambito italiano avrà un peso rilevante per l’avvenire dell’Europa e delle politiche future. Il “Piano Draghi” per l’economia italiana rappresenta infatti il fulcro del contendere tra i falchi e i riformisti in termini di future politiche comunitarie. Non è un caso che non sia gradito e venga osteggiato dal PD che, con l’ipotesi della nuova patrimoniale per l’appunto lo riconferma, ha pienamente sposato la politica dei falchi europei fautori di una Europa chiusa, che impone politiche austere di estremo rigore, che chiedono continue tasse impoverendo i popoli, ma che reputano necessarie per compensare i danni creati da una moneta fortemente speculativa, che deve essere salvaguardata in quanto funzionale all’arricchimento dei mercati e gestita esclusivamente dal sistema bancario che la immette nel circuito economico reale solo attraverso il prestito gravato da interesse, favorendo ulteriormente la crescita esponenziale di un debito europeo ormai irrimediabile.

Questo il motivo per cui il Fondo Monetario Internazionale, guidato da Christine Lagarde, ha ufficialmente dichiarato la moneta € un pericoloso ostacolo per le economie mondiali.

(B.G.)


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